GROTTE DI FRASASSI

La prima traccia della scoperta più rilevante, quella della Grotta Grande del Vento, si avrà nel giugno 1971, quando Rolando Silvestri e Umberto di Santo, scalando la pendice nord del monte Valmontagnana a circa 450 metri di altezza, scoprirono alcuni piccoli fori che si erano aperti presumibilmente a causa dello scivolamento della terra superficiale secca mista a rami e fogliame provocato dal caldo di quell’estate. Il 25 settembre 1971 Rolando Silvestri, nel corso della spedizione del Gruppo Speleologico Marchigiano CAI di Ancona organizzata e guidata da Giancarlo Cappanera, ritrovò uno di quei fori nella montagna (grande come un volante di auto) che fece scoprire la “porta d’ingresso” della grotta, subito battezzata Grotta Grande del Vento.

Inizialmente gli scopritori si trovarono in questa grande grotta al buio totale e le attrezzature allora esistenti non permisero loro di scendere fino alla base della cavità sottostante, quindi si stimò l’altezza della grotta lanciando un sasso, misurando il tempo di caduta e utilizzando le leggi della fisica. Un primo approssimativo calcolo portava all’inaspettata altezza di oltre 100 m. Successivamente gli esploratori si dotarono di attrezzature adeguate e esplorarono l’immenso spazio, che venne chiamato “Abisso Ancona” in onore della città degli scopritori.

La notizia della scoperta fu diffusa tramite stampa, ed è da questo momento che inizia la notorietà al grande pubblico delle Grotte di Frasassi.

In effetti le esplorazioni continuarono per tutto il resto dell’anno. L’8 dicembre 1971 venne scoperto un collegamento tra la Grotta del Fiume e la Grotta Grande del Vento, che venne ribattezzato “Condotta dei fabrianesi”, e si creò così il Complesso carsico “Fiume-Vento”.

Le scoperte si susseguirono negli anni e numerosi altri ambienti più o meno accessibili furono scoperti ed esplorati dagli speleologi. Al momento il complesso delle grotte di Frasassi hanno una lunghezza di oltre 20 km. Oltre all’Abisso Ancona, sono note la “Sala 200”, così chiamata perché è un corridoio di 200 metri, la “Sala delle Candeline”, che deve il nome alle numerose stalagmiti cilindriche di piccole dimensioni circondate da un anello di roccia che ricordano delle candeline su un piattino, la “Sala Bianca” il cui colore è dovuto a numerosi strati di calcite pura, la “Sala dell’Orsa” per un masso presente in essa che grazie all’erosione millenaria dell’acqua ha assunto, in maniera completamente casuale, la vaga forma di un’orsa, la “Sala dei Pagliai” e la “Sala dell’Infinito”, così denominata perché ha una forma irregolarmente circolare e durante le prime esplorazioni gli speleologi vi persero l’orientamento e si ritrovarono a girare intorno alla sala diverse volte prima di trovare un’uscita, come se fossero in un percorso infinito.

All’interno delle grotte di Frasassi c’è, durante tutto l’anno, una temperatura costante di 14 °C e un’umidità relativa prossima al 100%.
Uno dei pozzi naturali profondi 25 m.

All’interno delle cavità carsiche si possono ammirare delle sculture naturali, formatesi ad opera di stratificazioni calcaree nel corso di 190 milioni di anni grazie all’opera dell’acqua e della roccia. L’acqua, veicolando il biossido di carbonio nelle rocce calcaree, crea un processo chimico che dà origine all’idrogenocarbonato di calcio, un sale che esiste solamente in soluzione [H2O+CO2+CaCO3 = Ca(HCO3)]. Tale fenomeno determina il trasferimento di piccole quantità di carbonato di calcio da un posto all’altro e, nel corso di uno stillicidio che dura millenni, finisce per formare delle concrezioni di notevoli dimensioni e di forme completamente casuali e a volte anche curiose. Le concrezioni si dividono in stalagmiti (colonne che crescono progredendo dal basso verso l’alto) e stalattiti (che invece scendono dal soffitto delle cavità).

Le forme e le dimensioni di queste opere naturali hanno stimolato la fantasia degli speleologi, i quali dopo averle scoperte le hanno “battezzate” denominandole in maniera curiosa. Tra le stalattiti e le stalagmiti più famose ricordiamo: i “Giganti”, il “Cammello” e il “Dromedario”, l'”Orsa” (un masso che a seguito della millenaria erosione ha assunto la vaga forma di un orso), la “Madonnina”, la “Spada di Damocle” (la stalattite più grossa, di 7,40 m di altezza e 150 cm di diametro), le “piccole cascate del Niagara”, la “Fetta di pancetta” (di colore rosa chiaro) e la “Fetta di lardo” (completamente bianca, per via della calcite), l'”Obelisco” (stalagmite alta 15 metri al centro della Sala 200), le “Canne d’organo” (concrezioni conico-lamellari che devono il loro nome al fatto che se vengono colpite dall’esterno risuonano), il “Castello delle streghe”.

All’interno delle grotte sono presenti anche dei laghetti in cui ristagna l’acqua dello stillicidio e dei “pozzi”, cavità cilindriche profonde fino a 25 m che possono raccogliere l’acqua o convogliarla verso piani carsici inferiori.
Nelle grotte non penetra in alcun punto la luce naturale superficiale, pertanto l’illuminazione è completamente artificiale e utilizza solo luci bianche fredde, cioè che non producono calore verso le concrezioni (come già detto la temperatura è costante). Le uniche luci non di questo tipo sono quelle azzurre usate per mettere in evidenza i pozzi e i laghetti.